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Confindustria: per il dopo Bonomi si cerca un “vero” imprenditore per un necessario rilancio

Imagoeconomica

Entro Natale, o al massimo entro il prossimo gennaio, si deciderà la successione di Carlo Bonomi al vertice di Confindustria. È una scelta delicata perché Bonomi ha portato l’associazione imprenditoriale ad un minimo di credibilità e di autorevolezza e quindi sarebbe necessaria una vera svolta, quasi una rivoluzione. Ora entro febbraio i saggi dovranno indicare ai 183 componenti della Giunta i nomi dei candidati per la votazione che è prevista per il 4 aprile.

Confindustria: tre nomi in corsa per la presidenza

Ai nastri di partenza per ora ci sono tre imprenditori. Si tratta di Emanuele Orsini ex presidente di Federlegno ed attuale vice presidente per il Credito e la Finanza di Confindustria; Alberto Marenghi cartaio di Mantova, ma ora spostatosi a Verona; e Giovanni Brugnoli di Varese che si è già occupato di varie questioni Confindustriali tra le quali la Luiss.

Tre brutte figure dell’attuale presidente Confindustria, Carlo Bonomi

La scelta è più complessa del solito. L’attuale presidenza si è dimostrata al di sotto delle aspettative ed ha portato l’associazione ad un livello di irrilevanza veramente pericoloso. Al di là dello strano licenziamento del direttore generale avvenuto in maniera inusuale a pochi mesi dalla scadenza, ci sono state delle gaffe, come quella della candidatura dello stesso Bonomi alla presidenza della Figc (Federazione Italiana Gioco Calcio) giudicata incompatibile con la permanenza in Confindustria, o quella, non ufficialmente dichiarata, alla presidenza dell’Enel. Grave la brutta figura rimediata con la candidatura alla presidenza della Luiss per la quale era prevista anche la cessione dell’attuale appartamento della Confindustria a Via Veneto all’Università per alloggiare il presidente. Si è scoperto infatti che per ricoprire l’incarico di  presidente di una Università occorre essere laureati e Bonomi non lo è. È quindi diventato presidente della Luiss Luigi Gubitosi (esperto di finanza già in Fiat, Rai e Tim ) non si capisce con quale mandato, ma certamente non per tenere in caldo il posto a Bonomi.

Confindustria: è mancata un chiara linea politica

Ancora più grave da parte di Bonomi è la mancanza di una vera linea a cui ancorare la “politica” della Confindustria. Non una politica riguardo ai partiti, ma una politica capace di spiegare a tutti gli italiani cosa effettivamente vogliono gli imprenditori italiani e perché queste loro scelte vanno nella direzione dell”interesse generale del paese. Ad esempio sul salario minimo la Confindustria è stata sostanzialmente assente, limitandosi a dire che i loro contratti sono superiori ai 9 Euro e che quindi la questione non li riguarda. Al contrario il salario minimo porta con sè la necessaria revisione di tutto l’assetto delle relazioni industriali, tema che certo non più lasciare indifferenti gli imprenditori specie quando si afferma a destra ed a manca che occorre guadagnare competitività. 

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Confindustria: una crisi profonda

È chiaro che la crisi di Confindustria deriva in parte dalla generale crisi di tutte le strutture intermedie ed investe i sindacati e le rappresentanze di categoria di tipo generale con eccezione quindi di quelle rappresentanze strettamente corporative che sanno difendere ancora bene i loro interessi particolari, come, ad esempio, stanno facendo i balneari e i tassisti. Ma la crisi di Confindustria appare più profonda. La così detta democratizzazione delle elezioni non ha portato ad una maggiore partecipazione dei piccoli alle vicende confindustriali, ma all’occupazione di posti di tanti piccoli imprenditori , spesso senza più alcuna azienda, per avere visibilità. Del resto anche questa prassi secondo la quale ogni past president occupa di diritto il posto di presidente della Luiss, non da una buona immagine nè alla Luiss nè alla Confindustria.

Per il nuovo presidente Confindustria serve una vera svolta

Occorrerebbe quindi un presidente che abbia la voglia di ricostruire Confindustria su basi nuove, adatte ai tempi che stiamo vivendo. Non si tratta di tornare al passato quando c’erano quattro o cinque grandi imprese che dominavano l’associazione, ma di trovare un modo per rafforzare la rappresentanza delle imprese non solo e non tanto dal punto di vista della Lobby, ma principalmente sotto l’aspetto culturale e dei valori, in un paese, non scordiamolo, che non ha mai amato le imprese, che guarda con sospetto coloro che per merito, ottengono risultati nella vita, che predilige un buonismo che sfocia nella stagnazione e nella emarginazione di tante persone, specie le più giovani.

Presidenza Confindustria: un nuovo portavoce degli industriali

Questa volta quindi, la corsa alla presidenza di Confindustria assume un rilievo non solo per l’associazione ma anche per il paese che ha bisogno di punti di riferimento della società civile per poter uscire dalla palude della stagnazione nella quale ci troviamo da oltre vent’anni. Per questo molti esponenti delle aziende stanno muovendosi per convincere altri grandi imprenditori a dichiarare la propria disponibilità ad assumere il ruolo di “portavoce” (come diceva l’Avvocato Agnelli) degli industriali. Si parla di Stirpe, attuale vice presidente per i rapporti sindacali, o di Pasini, bresciano industriale dell’acciaio. Ma per ora nessuno ha manifestato la volontà di sobbarcarsi questo fardello. Marcano ancora due o tre mesi e tutto può accadere. 

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